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Figli in guerra contro i genitori – di Claudio Mariani

Figli in guerra contro i genitori – di Claudio Mariani

Sono sempre piĆ¹ frequenti i casi di cronaca che raccontano storie di incredibile violenza dei figli nei confronti dei loro genitori ed ĆØ comprensibile lo sconcerto che possano suscitare.
Allā€™indomani di una tragedia familiare e durante le settimane successive, i giornali si affannano nel descrivere i dettagli piĆ¹ morbosi e gli studi televisivi si affollano di esperti e opinionisti che tentano di dare risposte allā€™interno delle quali ognuno di noi possa leggere la speranza che quei fatti non ci riguardino mai da vicino.
Dopo di che lā€™oblio: non ci sono piĆ¹ particolari da rivelare, lā€™interesse lentamente svanisce, i media ne parlano meno e tutti noi siamo pronti per la prossima tragedia!
Eā€™ un percorso ormai collaudato e quasi terapeutico: lo sconcerto e la paura dei primi momenti infatti genera il bisogno di un rituale anestetizzante, ma lā€™analgesico lenisce i sintomi e non guarisce mai una patologia!
Non abbiamo certamente noi la pretesa di conoscere tutte le risposte che consentano di curare il ā€œmale di vivereā€ che sta contagiando molti giovani, ma forse non dovremmo mai smettere di porci le domande necessarie per conoscere e prevenire le cause del disagio.
Eā€™ doveroso considerare preliminarmente che una buona terapia non puĆ² prescindere da una buona diagnosi, ragione per cui allā€™indomani di una tragedia familiare non ĆØ funzionale mettere allā€™interno dello stesso contenitore tutta una serie di comportamenti simili nellā€™esito finale ma sostanzialmente differenti allā€™origine.
Senza voler semplificare eccessivamente ma per essere concreti e comprensibili, dovremmo distinguere una lunga serie di motivazioni che possano aver indotto un figlio ad aggredire e financo ad uccidere i suoi genitori, tutte certamente non condivisibili ma che ci aiuterebbero a comprendere il problema e proporre una sana e piĆ¹ efficace prevenzione.
Un figlio infatti puĆ² uccidere per odio e rancore accumulato nel tempo nei confronti di un genitore dal quale si sente continuamente vessato e giudicato; o al contrario si puĆ² uccidere per un eccesso di amore malato e per la paura di deluderli (possiamo infatti ricordare diversi casi di figli che non avevano avuto il coraggio di comunicare in casa di non aver sostenuto neanche un esame allā€™universitĆ ); ma si puĆ² uccidere anche per il desiderio di libertĆ  e autonomia quando ci si sente oppressi da un regime di regole soffocanti; al contrario in caso di anomia e assenza di regole anche un raro diniego diventa causa di frustrazione difficile da tollerare e di emozioni impossibili da regolare; ci sono poi quei casi di natura sistemica, dove la tragedia affonda le sue radici in disfunzioni familiari o casi di violenza subita o assistita; quante volte infine ĆØ la combinazione di diversi fattori di rischio quali complessi edipici irrisolti, lā€™incapacitĆ  di inibire gli impulsi, il mancato riconoscimento delle figure genitoriali, il narcisismo ferito ecc. ecc. a creare la miscela esplosiva.
Per quanto debba considerarsi necessariamente patologica ogni manifestazione aggressiva e violenta nei confronti di chiunque consumata, ĆØ comunque riduttivo un approccio che tenda a prendere in esame esclusivamente le connotazioni psicotiche, o borderline o bipolari, tutte patologie che esigono una serie di interventi mirati, specifici e di natura terapeutica che comportino una ristrutturazione esistenziale dei soggetti che ne sono affetti; ma oltre ad un prezioso approfondimento psicologico sarebbe altrettanto opportuno ed utile un approccio sociologico e antropologico nella disamina di tanti episodi.
Innanzi tutto ĆØ bene ricordare che i meccanismi di rifiuto e opposizione allā€™ambiente sono fenomeni presenti in ogni generazione: basti esaminare il ricordo dei ā€œgiovani arrabbiatiā€ di John Osborne o il film ā€œGioventĆ¹ bruciataā€ con James Dean degli anni ā€™50, o il ā€œsesso, droga e rock and rollā€ degli anni ā€™60 o la deriva della lotta armata e del terrorismo degli anni ā€™70, tutti periodi storici che possiamo ricordare per non scoraggiarci al pensiero che possa trattarsi di una dinamica nuova e sconosciuta; quel che dovremmo comprendere sono le nuove insidie che si manifestano con le vecchie dinamiche.
Tra le cause piĆ¹ frequenti di ribellione di tutte le epoche vi ĆØ un irrefrenabile bisogno di libertĆ : alcune regole non vengono interpretate come funzionali ma come limite al proprio bisogno di esprimersi e di comunicare; i ragazzi crescono in contesti familiari egodistonici dove la comunicazione ĆØ per lo piĆ¹ costituita da messaggi ambigui, da lunghi silenzi, da comportamenti incoerenti, donde la graduale mancanza di credibilitĆ  del mondo degli adulti e il mancato riconoscimento del ruolo dei genitori.
Spesso accade che i genitori abdichino al loro ruolo sperando che siano altre agenzie educative a maturare i loro figli: la scuola, i circoli sportivi, gli oratori delle parrocchie, la strada; di fatto i figli vivono dentro casa come graditi ospiti e si consente loro tutto o quasi fino a quando la corda si spezza e allora si cambia registro allā€™improvviso; ma loro non sono pronti, anzi rimangono quasi sorpresi e questo improvviso mutamento viene percepito come un tradimento e come un attacco sferrato contro di loro, contro i loro amici e il loro modo di vivere e la reazione puĆ² essere devastante. In alcuni di loro la fragilitĆ  strutturale puĆ² scatenare reazioni incontrollabili: ma le cause di fragilitĆ  possono essere le piĆ¹ disparate e non solamente legate al temperamento o al processo evolutivo, ma sono fragili anche perchĆ© mai abituati al concetto di famiglia come piccola comunitĆ , fragili perchĆ© mai abituati al senso di responsabilitĆ , fragili perchĆ© mai abituati a collaborare o a camminare verso una direzione comune.
Nella maggior parte dei casi emerge evidente una bassa autostima e una scarsa tolleranza alle frustrazioni e laddove sono presenti altri elementi sistemici si crea una miscela che prima o poi esplode fragorosamente.
E quindi, anzichĆ© meravigliarci allā€™indomani di un ennesimo fatto di cronaca e ripercorrere il consueto rituale anestetizzante, potremmo riflettere sulle vecchie cause di ribellione e sulle nuove modalitĆ  per affrontarle.
Oltre allā€™approccio psicologico che laddove necessario costituisce sicuramente lā€™opportunitĆ  terapeutica piĆ¹ adeguata per i casi complessi ma giĆ  evidenti, potremmo lavorare ad una serie di interventi preventivi che ci mettano nella condizione di ripensare il tessuto umano e sociale per prevenire le esplosioni fragorose.
Viviamo in una societĆ  sempre piĆ¹ competitiva che divide le persone in vincenti e perdenti, furbi e sciocchi, ambiziosi e sfigati e i nostri giovani affrontano la vita come se fosse una sfida continua piuttosto che un contesto dove cooperare; spesso si sentono inadeguati o incapaci e cresce in loro la paura di non essere allā€™altezza; allā€™altezza del mondo del lavoro, delle relazioni con gli altri, dei rapporti sentimentali; sfiducia in sĆ© stessi e paura del futuro diventano un cocktail micidiale per le persone piĆ¹ fragili e con bassa autostima. Una societĆ  solidale invece dovrebbe condividere sia le risorse che le difficoltĆ , dovremmo condividere e restituire ai bambini gli spazi che consentano loro di relazionarsi con gli altri ed esprimersi anche fisicamente (una volta esistevano i cortili dei palazzi che oggi vengono occupati solo dalle auto o peggio ancora i regolamenti dei condomini vietano lā€™accesso ai bambini perchĆ© ā€œdisturbanoā€); negli anni si va sempre piĆ¹ consolidando il concetto che non sia importante la quantitĆ  ma la qualitĆ  del tempo che dedichiamo ai nostri figli … non ĆØ sempre cosƬ: i bambini hanno i loro tempi e non sempre sono compatibili con i nostri, ma loro sono i nostri figli e non ci hanno chiesto di venire al mondo; se li abbiamo concepiti dobbiamo anche assumere la responsabilitĆ  di crescerli e di educarli.
Ma educarli non significa invitarli ad un corso di formazione; educare etimologicamente viene da e-duco che letteralmente significa condurre fuori da ā€¦ ed ĆØ proprio quel che propone da sempre la natura ai cuccioli quando li conduce fuori dalla tana: non si presentano concetti astratti ma comportamenti ed esempi concreti grazie ai quali i cuccioli imparano ad abbeverarsi alle sorgenti, a procurarsi il cibo, a difendersi o fuggire davanti ai pericoli.
Man mano che crescono possiamo aiutarli a sognare, senza mai mortificare una qualsivoglia passione e consentire loro di coltivare i loro interessi piĆ¹ che i nostri o aspettarci da loro quel che avremmo voluto diventare noi; possiamo imparare a discernere tra passione e ossessione; una passione ti fa stare bene (penso a tutte quelle attivitĆ  che ti proiettano verso un sogno); unā€™ossessione invece ĆØ una fuga o una difesa (penso ad esempio a chi esaspera il culto del proprio corpo per apparire e nascondere la propria insicurezza).
Eā€™ importante poi rigenerare la cultura secondo la quale il rispetto delle regole ĆØ funzionale alla protezione delle persone e dei loro interessi e non per evitare le multe … il vecchio cartello ā€œnon calpestare le aiuoleā€ consente di vivere in un ambiente piĆ¹ gradevole e al tempo stesso di rispettare il lavoro di chi lo mantiene; rivalutare questi messaggi crea gli anticorpi in assenza dei quali siamo piĆ¹ esposti al timore delle regole piuttosto che al rispetto delle stesse: in questi tempi di pandemia ad esempio, lā€™obbligo delle mascherine o i divieti alla movida serale non sono un limite alla propria libertĆ  ma un cammino responsabile per difendere la salute di tutti e per riattivare quanto prima una ripresa economica e produttiva.
Eā€™ evidente che laddove le situazioni individuali si presentassero piĆ¹ delicate e complesse, anche in presenza di alcune comprensibili lacune da chiunque causate, piĆ¹ che concentrarci sulle colpe dovremmo avere il coraggio di chiedere aiuto: e a volte, anche se doloroso, ĆØ necessario ammettere i nostri errori.
In conclusione il mestiere dei genitori ĆØ il piĆ¹ difficile da sempre e non esistono scuole per diventare bravi genitori, ma proprio per questo ĆØ opportuno un approccio che coniughi contestualmente gli aspetti psicologici, sociologici e antropologici: una comunitĆ  infatti non si fonda sulle ricette di pochi esperti ma sulla partecipazione di tutti i suoi componenti.
Non sarĆ  mai un percorso facile ma ci conforterĆ  sempre lā€™amore per i nostri figli, anche quando li sentiremo ostili e distruttivi; spesso saremo tentati di mollare ma quello ĆØ proprio il momento di restare ā€¦ Telemaco avrebbe sicuramente preferito un genitore a volte incapace ma dentro casa tutti i giorni a litigare con lui piuttosto che un eroe sempre assente!
Avv. Claudio Mariani
Direttore Area Criminologia,Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā Ā 
Vittimologia e Studi Penitenziari del CSC

Bibliografia:
Laing e Esterson ā€“ NormalitĆ  e follia nella famiglia ā€“ Einaudi 1964;
Bettelheim ā€“ Un genitore quasi perfetto ā€“ Feltrinelli 1987;
Margolin Baucom ā€“ Adolescentsā€™ aggression to parents ā€“ 2014;
Watzlawick Beavi Jackson ā€“ Pragmatica della comunicazione umana ā€“ Astrolabio 1967;
Maggiolini e Di Lorenzo ā€“ Scelte estreme in adolescenza ā€“ Franco Angeli 2018.

Articolo pubblicato su EuNomika – http://www.eunomika.com/2021/03/27/figli-in-guerra-contro-i-genitori/

21/05/2021
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